lunedì 9 giugno 2025
Nell'omelia della Messa per il Giubileo dei movimenti, delle associazioni e delle nuove comunità, Leone XIV si è soffermato sul significato dello Spirito Santo nel mondo contemporaneo
Papa Leone XIV alla Messa di Pentecoste 2025 in San Pietro per il Giubileo dei movimenti, delle associazioni e delle nuove comunità

Papa Leone XIV alla Messa di Pentecoste 2025 in San Pietro per il Giubileo dei movimenti, delle associazioni e delle nuove comunità - Vatican Media

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Le solitudini, le violenze (come quelle che sfociano nei femminicidi), i nazionalismi: sono tutte "frontiere da superare" con l'aiuto dello Spirito Santo, quelle indicate ieri da papa Leone XIV durante l'omelia della Messa di Pentecoste, celebrata ieri mattina in piazza San Pietro in occasione del Giubileo dei movimenti, delle associazioni e delle nuove comunità. Alla presenza di 80mila persone, papa Prevost, citando l'omelia tenuta da Benedetto XVI alla Pentecoste 2005, ha ricordato che «lo Spirito apre le frontiere». E poi ha coniugato questa affermazione nell'orizzonte di tre dimensioni: dentro noi stessi, nelle nostre relazioni e tra i popoli.

«Lo Spirito apre le frontiere anzitutto dentro di noi - ha detto il Pontefice guardando all'episodio al centro della liturgia, il dono dello Spirito Santo agli Apostoli, appunto -. È il Dono che dischiude la nostra vita all’amore». Lo Spirito Santo, ha aggiunto, «viene a sfidare, in noi, il rischio di una vita che si atrofizza, risucchiata dall’individualismo. È triste osservare come in un mondo dove si moltiplicano le occasioni di socializzare, rischiamo di essere paradossalmente più soli, sempre connessi eppure incapaci di “fare rete”, sempre immersi nella folla restando però viaggiatori spaesati e solitari». Invece, ha osservato ancora, «lo Spirito di Dio ci fa scoprire un nuovo modo di vedere e vivere la vita: ci apre all’incontro con noi stessi oltre le maschere che indossiamo».

E poi, ha sottolineato ancora Leone XIV, lo Spirito «apre le frontiere anche nelle nostre relazioni». Quando l’amore di Dio abita in noi, ha aggiunto, «diventiamo capaci di aprirci ai fratelli, di vincere le nostre rigidità, di superare la paura nei confronti di chi è diverso, di educare le passioni che si agitano dentro di noi. Ma lo Spirito trasforma anche quei pericoli più nascosti che inquinano le nostre relazioni, come i fraintendimenti, i pregiudizi, le strumentalizzazioni. Penso anche – con molto dolore – a quando una relazione viene infestata dalla volontà di dominare sull’altro, un atteggiamento che spesso sfocia nella violenza, come purtroppo dimostrano i numerosi e recenti casi di femminicidio».

Lo Spirito Santo, ha continuato il Papa, fa invece «maturare in noi i frutti che ci aiutano a vivere relazioni vere e buone: "Amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Gal 5,22). In questo modo, lo Spirito allarga le frontiere dei nostri rapporti con gli altri e ci apre alla gioia della fraternità». Ed è questo «un criterio decisivo anche per la Chiesa: siamo davvero la Chiesa del Risorto e i discepoli della Pentecoste soltanto se tra di noi non ci sono né frontiere e né divisioni, se nella Chiesa sappiamo dialogare e accoglierci reciprocamente integrando le nostre diversità, se come Chiesa diventiamo uno spazio accogliente e ospitale verso tutti».

Infine, ha concluso Leone XIV, tornando al dono di parlare le lingue come uno dei frutti della Pentecoste per gli Apostoli, «lo Spirito apre le frontiere anche tra i popoli». Le differenze, ha continuato, «quando il Soffio divino unisce i nostri cuori e ci fa vedere nell’altro il volto di un fratello, non diventano occasione di divisione e di conflitto, ma un patrimonio comune da cui tutti possiamo attingere, e che ci mette tutti in cammino, insieme, nella fraternità».

Lo Spirito, infatti, «infrange le frontiere e abbatte i muri dell’indifferenza e dell’odio, perché “ci insegna ogni cosa” e ci “ricorda le parole di Gesù” (cfr Gv 14,26); e, perciò, per prima cosa insegna, ricorda e incide nei nostri cuori il comandamento dell’amore, che il Signore ha posto al centro e al culmine di tutto. E dove c’è l’amore non c’è spazio per i pregiudizi, per le distanze di sicurezza che ci allontanano dal prossimo, per la logica dell’esclusione che vediamo emergere purtroppo anche nei nazionalismi politici».

Citando l'omelia di papa Francesco per la Pentecoste 2023, Prevost ha sottolineato che «oggi nel mondo c’è tanta discordia, tanta divisione. E di tutto questo sono tragico segno le guerre che agitano il nostro pianeta. Invochiamo lo Spirito dell’amore e della pace, perché apra le frontiere, abbatta i muri, dissolva l’odio e ci aiuti a vivere da figli dell’unico Padre che è nei cieli».

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