sabato 7 giugno 2025
Il presidente di Azione Cattolica: gettiamo nuovi ponti per sentirci parte di un solo corpo, vinciamo le logiche di gruppo: è l'ora di rilanciare l’impegno di una fede vissuta nella storia di oggi
Papa Leone in piazza San Pietro con i movimenti

Papa Leone in piazza San Pietro con i movimenti - .

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C’è un filo rosso che unisce il respiro largo dell’Anno Santo con la freschezza di un nuovo inizio nel pontificato di papa Leone XIV. È il filo dell’amore e dell’unità, che il nuovo Vescovo di Roma ha scelto come chiave per leggere il tempo presente e per rilanciare la missione della Chiesa nel cuore del mondo. Una Chiesa che non si ripiega su sé stessa, ma si apre con fiducia e passione alle domande dell’umanità, ai gemiti e alle speranze di questo nostro tempo.

Proprio nei giorni in cui migliaia di fedeli provenienti da realtà associative, movimenti e comunità ecclesiali partecipano al Giubileo delle aggregazioni laicali, l’omelia di inizio pontificato di papa Leone – pronunciata lo scorso 18 maggio in una piazza San Pietro gremita e festante – risuona con forza particolare. È un appello a ritrovare la sostanza della nostra fede, a non lasciarci rinchiudere nelle logiche dell’appartenenza ristretta, del noi contrapposto agli altri, a non chiuderci nel nostro piccolo gruppo e a non sentirci superiori: « La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio “prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?” (enciclica Rerum novarum, 21)». Ciò che il Papa ci dice è che la vera appartenenza ecclesiale si misura nella capacità di amare, di costruire ponti, di mettersi a servizio.

Giuseppe Notarstefano, presidente di Azione Cattolica Italiana

Giuseppe Notarstefano, presidente di Azione Cattolica Italiana - Paolo Galosi

Così Leone XIV raccoglie il testimone lasciato da papa Francesco, che in oltre un decennio ha richiamato con forza la Chiesa a uscire dalle proprie sicurezze, a “sporcarsi le mani” nei solchi della storia, a essere “ospedale da campo” e “madre dal cuore aperto”. Ora, nel solco di quel magistero, papa Leone ci invita a una nuova tappa del cammino sinodale: una Chiesa che cresce nella comunione, che si lascia formare dallo Spirito, che fa dell’unità dei credenti la sua testimonianza più luminosa. Non si tratta di uniformità, né tantomeno di appiattimento. L’unità cui il Papa ci richiama è quella che nasce dalla consapevolezza di essere parte di un solo corpo, di una sola missione, al servizio del Regno di Dio. È un’unità che respira della varietà dei carismi, della ricchezza delle vocazioni, della creatività dello Spirito che suscita forme sempre nuove di sequela e di servizio. Ed è proprio qui che il ruolo dei laici, e in particolare delle loro aggregazioni, assume un significato decisivo.

In questo Giubileo che li vede protagonisti, le donne e gli uomini delle realtà laicali portano davanti al Papa, e al mondo, il frutto di una fede vissuta nella concretezza della storia: nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei quartieri, nelle periferie vicine e lontane. Portano la fatica e la bellezza del vivere cristiano quotidiano. Portano l’audacia di chi tenta nuove vie di solidarietà, di impegno educativo, di giustizia e pace. Portano soprattutto la consapevolezza che essere Chiesa non significa solo “stare” dentro le strutture, ma animare il mondo con il Vangelo, dal basso, da dentro, dal cuore della vita sociale. È questa la grande intuizione che il Concilio Vaticano II – oggi più attuale che mai – ha consegnato al popolo di Dio: il laico non è un mero “collaboratore” alla missione né può essere ridotto a un operatore pastorale, ma in virtù del battesimo diventa un soggetto pienamente protagonista della evangelizzazione. E le aggregazioni laicali, in tutte le loro forme – associazioni storiche, movimenti ecclesiali, nuove comunità –, sono chiamate oggi a mostrare in modo concreto tale corresponsabilità.

Diventa importante per le aggregazioni ritrovare la forma e la visione conciliare dell’apostolato, e in particolare di quello associato, chiamato oggi a rigenerare nell’amicizia quotidiana e nella condivisione della vita le nostre comunità ecclesiali nella prospettiva autenticamente sinodale e in un atteggiamento di ascolto permanente e accoglienza sincera delle domande degli uomini e delle donne del nostro tempo. Il Giubileo di questi giorni è dunque molto più di un evento celebrativo. È un atto di fede e di riconoscimento ecclesiale: fede nel protagonismo del laicato come motore di rinnovamento e fermento di Vangelo; riconoscimento del cammino compiuto e delle sfide aperte, a partire da quella dell’unità nella pluralità. Non c’è missione senza comunione. Ecco perché l’appello all’unità non è solo una premura interna alla Chiesa, ma è già annuncio evangelico. In un mondo segnato da polarizzazioni e conflitti, una comunità cristiana che sa camminare insieme – pur nelle sue differenze – diventa segno profetico, anticipazione di quel Regno che annuncia.

L’unità non si costruisce a colpi di decreti, ma si coltiva ogni giorno, con pazienza e apertura, con la capacità di ascoltare, di chiedere perdono, di collaborare in modo fraterno. Si costruisce con uno stile di alleanza che si alimenta nella stima reciproca prima che nella cooperazione a progetti e percorsi. L’unità tra le diverse vocazioni – vescovi, presbiteri, religiosi, laici – è il volto della Chiesa sinodale che Leone XIV ha indicato come orizzonte del suo pontificato. Un volto che, in questi giorni di Giubileo, trova nei laici e nelle loro aggregazioni un segno tangibile di speranza e di futuro. « È l’ora dell’amore» ha detto il Papa. Ed è anche, per ciascuno, l’ora della responsabilità. Non possiamo attendere che siano sempre altri a prendere l’iniziativa. Il cambiamento nella Chiesa passa da ciascuno di noi: dal modo in cui viviamo la fede, ci relazioniamo, serviamo la comunità, abitiamo la città. È l’ora di superare le divisioni, le gelosie ecclesiali, i sospetti reciproci.

È il tempo di testimoniare che l’amore di Cristo ci spinge ad andare oltre, a credere nella fraternità come stile di vita, a costruire una società più giusta a partire dalla radice del Vangelo. Papa Leone XIV indica una strada che interpella tutti. Una strada di ascolto, di dialogo, di presenza attiva. È il cammino della Chiesa che non ha paura del mondo, ma che desidera abitarlo con l’umiltà del servizio e la forza della Parola. Il Giubileo delle aggregazioni laicali, in questo senso, è una tappa fondamentale: non un punto di arrivo, ma un nuovo inizio. Perché l’ora dell’amore è adesso. E ci chiama, uno per uno, a costruire unità nella verità, nella libertà e nella carità.

*Presidente nazionale Azione Cattolica Italiana

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