
L'incontro tra i ragazzi ucraini e il Papa - Vatican Media
«Ucraina». Non c’è stato neppure bisogno che i ragazzi di Kharkiv si presentassero. Quando Leone XIV li ha visti ieri mattina sul sagrato della Basilica Vaticana al termine dell’udienza generale del mercoledì con la loro bandiera tenuta fra le mani e sventolata per i pellegrini in piazza San Pietro, li ha chiamati lui stesso. «E ha unito le mani. Volevamo chiedergli che pregasse per noi e per la nostra gente. Ma con quel gesto ci ha subito fatto capire che già lo faceva», spiega padre Andriy Nasinnyk. È il direttore della Caritas greco-cattolica della seconda città dell’Ucraina che ha portato in Italia i bambini della guerra. Trentadue ragazzi, dai 10 ai 17 anni, della regione al confine con la Russia che nelle ultime settimane è sotto costanti bombardamenti di Mosca. Un mese di vacanza, organizzato dai volontari di “Frontiere di pace” della parrocchia di Maccio nella diocesi di Como e dagli “Amici in cordata nel mondo” di Ponte di Legno, che ha avuto inizio davanti al Pontefice. Leone XIV li ha salutati, ha scambiato qualche battuta, li ha ascoltati. E quando gli è stato chiesto di non dimenticare l'Ucraina, lui ha risposto: mai.
«Siamo grati al Papa per il suo sostegno e per averci augurato la pace. Abbiamo bisogno di pace. E al più presto», sospira Tania Bielianinova. Ha 17 anni e viene da Zolochiv, cittadina fantasma dell’oblast di Kharkiv a ridosso della Russia su cui il Cremlino si sta accanendo. Attaccata a tappeto; ridotta in macerie; quasi deserta. E con i soldati russi a pochi chilometri. «Cercano di entrare. Anche ieri hanno bombardato, mi hanno raccontato i genitori. È un inferno». Una situazione che non cambia nell’ex capitale. «La notte prima di partire, sono stati lanciati cinquantacinque droni, quattro bombe radiocomandate e un missile. Una notte di terrore con altri morti e altra distruzione», dice Tania.

Il gruppo dei ragazzi ucraini della regione di Kharkiv in piazza San Pietro prima dell'incontro con il Papa - Avvenire
A papa Leone i ragazzi hanno portato la loro sofferenza. Come quella di Vitalij Tabaka di 15 anni. Suo padre è un sacerdote e cappellano militare. «Vivo per miracolo – tiene a far sapere –. I russi hanno colpito le linee difensive dove si trovava. Una scheggia gli è finita accanto al cuore. Il soldato al suo fianco è stato ucciso. Lui è salvo per una questione di centimetri e per l’intervento dei medici». «Abbiamo raccontato al Papa l’orrore che viviamo», aggiunge padre Andriy. E indica la grande foto con i volti di Maria Myronenko, 12 anni, e della madre Iryna che hanno mostrato a Leone XIV. «Era la più giovane volontaria dell’équipe che distribuisce gli aiuti umanitari nella Cattedrale greco-cattolica di Kharkiv – riferisce suor Oleksia Pohranychna, religiosa di San Giuseppe, che accompagna il gruppo di giovanissimi –. È morta un anno fa fra le macerie e le fiamme in un centro commerciale centrato da un missile. Una delle diciotto vittime del raid. Desiderava una vacanza in Italia. L’avevamo organizzata anche per lei. Era una ragazzina piena di vita. La follia della guerra ce l’ha portata via».
L’Ucraina guarda con fiducia agli sforzi di papa Leone per far tacere le armi. «Gli siamo sentitamente riconoscenti – sottolinea il direttore della Caritas –. Sta compiendo un passo dopo l’altro. Il mondo è attento alle sue azioni e alle sue parole. Ha persino parlato con Putin. Tutti siamo convinti che con la sua autorità potrà contribuire a fermare i combattimenti e a scrivere una pace giusta, ossia che dia un avvenire sicuro ai nostri giovani». Ad accogliere a Roma il gruppo ucraino sono le famiglie della parrocchia di San Giuseppe da Copertino. «In passato – dice il parroco don Paolo Pizzuti – avevamo ospitato i bimbi di Chernobyl. Oggi il Signore ci chiede di aprire le porte a quanti viene rubata la gioia di vivere dalle bombe». Dopo il soggiorno a Roma i giovani saranno ospitati nella diocesi di Como grazie ai volontari di “Frontiere di pace” fino al 27 giugno. Là vivranno momenti di gioco e anche di incontro con varie parrocchie e comunità. Poi fino al 5 luglio saranno a Ponte di Legno, in provincia di Brescia, e verranno accolti dall'associazione “Amici in cordata nel mondo”.