La sfida del quorum e la posta in gioco per i partiti
sabato 7 giugno 2025

Piaccia o non piaccia, il referendum abrogativo è diventato altro da quanto avevano pensato i padri costituenti. Da istituto “mediato” di democrazia diretta a misuratore della temperatura dell’opinione pubblica rispetto all’indirizzo politico del governo di turno. Una tendenza che proseguirà - salvo riforme dell’istituto - per il contrasto tra la facilità a raccogliere le firme con la piattaforma digitale e la difficoltà oggettiva a raggiungere il quorum.

I significati politici andranno dunque ricercati prescindendo dalla “vetta” del 50% più uno degli elettori. Per essere chiari: un’affluenza intorno al 30%, corrispondente a circa 15 milioni di voti, che comunque sarebbe letta dalla maggioranza e dal governo come un fallimento, dalla minoranza sarebbe letta invece come il compattamento di un’area politico-elettorale omogenea, considerando anche l’atteggiamento scettico di Italia Viva e Azione rispetto ad alcuni quesiti (è il lodo del dem Boccia, secondo cui l’obiettivo è superare i 12,3 milioni che il centrodestra prese alle elezioni politiche del 2022).

Tenendo il 30% come riferimento, ogni punto percentuale in più rafforzerebbe la lettura di Pd, M5s e Avs, ogni punto in meno renderebbe più plausibile la disamina delle forze che sostengono l’esecutivo. Sino a poter dire che il 40%, 20 milioni di voti, rappresenterebbero un vero e proprio “segnale” al governo, mentre sotto il 25% (il 20% corrisponde a 10 milioni di votanti) sarebbe legittimo assegnare il bollino del “flop”.

Internamente al centrosinistra, l’esito del referendum avrà un duplice significato: sarà un tassello per misurare i rapporti di forza tra il fronte composto da Pd schleiniano, M5s e Avs e quello composto da Renzi, Calenda e riformisti dem, in vista della costruzione di future coalizioni nazionali ma anche regionali; e misurerà anche se la Cgil di Landini ha o meno la forza di dettare al “campo largo” un’agenda più sociale e meno riformista. Chiaro che il difficile raggiungimento del 50% farebbe saltare questi ragionamenti “intermedi” e avrebbe un effetto già a breve termine sullo scacchiere politico, in entrambi i poli ma in modo più chiaro nella maggioranza, che tifa per l’astensione.

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